mercoledì 1 maggio 2013

Il labirinto

“Le leggi cui sottostavano gli abitanti del labirinto erano paradossali, ma immutabili. Una delle più importanti diceva: Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne.”
(Michael Andreas Helmuth Ende)


- E così, vedi, noi siamo qui da millenni. In questo labirinto. Non c’è modo di uscirne, perché la felicità rende leggeri, e noi siamo sempre più pesanti, come il piombo. Tutto è grave e sprofonderemo nella terra da dove siamo venuti – spiegò l’anziano al giovane viaggiatore.
- Non mi rassegno – rispose questi – io troverò un modo di andar via di qui.
- Sei ancora giovane. Ma ti rendi conto che giri in tondo da anni e sei sempre più stanco. Sei stanco e appesantito. Questo ti rende infelice.
- Ragazzo, non si può andar via da qui – si lamentò una donna che pareva avesse cent’anni. A guardarli bene però sembravano tutti molto più vecchi della loro età, come se l’infelicità li avesse invecchiati. Anche i bambini sembravano anziani, anzi a ben vedere non c’erano bambini.
- Perché siete infelici? – chiese il viaggiatore.
- Perché è la legge del labirinto: solo chi può uscirne può essere felice, ragazzo. Ma solo chi è felice può andar via di qui. Leggi il cartello del signor Ende, è nel libro Lo specchio nello specchio.

Il viaggiatore riflettè. Lui non voleva arrendersi e rimanere in quell’isola. Erano anni che cercava una via d’uscita. Doveva trovare un modo per andar via da quel posto sempre più pesante, sentiva man mano crescere dentro di sé la tristezza. E la voglia di arrendersi.

- No, no… non può finire così… - si disse disperato e smarrito.

Soltanto chi lascia il labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne. Diceva chiaramente il cartello affisso sulle mura della città.

Un’isola tonda labirintica. A forma di Cerchio. Passò ancora un’altra notte a dormire in quel posto e l’indomani riprese nuovamente il viaggio, ma più camminava, più scordava quale fosse la sua meta e perché viaggiasse. E dopo un altro anno una sera si arrese:

- Sono infelice – si disse – non ce la faccio, non uscirò mai più da qui… - e crollò al suolo mentre il deserto attorno a sé soffiò arido e vittorioso e la sabbia cominciò ad avvolgerlo.
La notte era fredda ed egli divenne abitante del labirinto.
Fino all’infinito.

The “Ende


Conoscevo il signor Ende. Scriveva di storie infinite e di specchi che riflettevano specchi in una sorta di presa in giro onirica e tormentata. Egli era troppo potente perché potessi riscrivere le regole dell'isola a forma di cerchio e salvare il mio viaggiatore perso nel labirinto, ma potevo con le mie poche capacità scriverne il seguito e dargli una seconda vita.
Dopotutto anche nel mio nome c’è stata una seconda opportunità.

Ecco come andarono le cose. 

Il viaggiatore crollò al suolo e vi rimase per molto tempo. Entrai nella sua mente per parlargli, lo trovai con la testa fra le mani nell’oscurità.

- Ciao – dissi.
Mi guardò perplesso.
- Chi sei, dove sono? – domandò.
- Mi chiamo Aslaath, siamo in un tuo sogno.
I suoi occhi erano intontiti e non sembrava aver compreso.
- Sogno! – esclamai – il confine di tutto… - cercai di spiegare.
- Che ci fai qui? – mi interruppe brusco.
- Per tirarti fuori da questo posto. Dal labirinto intendo, non dal sogno! – mi corressi.
- Come sei venuta fin qui?
- Io ho questa capacità – sorrisi – vago nei sogni, a volte mi perdo, anzi direi quasi sempre, ho uno scarso senso dell’orientamento e odio guidare, sai… ma dopo varie volte che non so dove sono torno indietro e cerco la strada, chiedo e poi imparo come arrivarci. Sai una cosa? Mi comprerò un navigatore! – aggiunsi pensierosa, ma poi ripresi guardandolo: - Nel tuo caso ho seguito le indicazioni!
- Parli troppo! – fece laconico.
- Ops! Scusa… - dissi mortificata – senti: c’è un modo per uscire dal labirinto di Ende.
- Bisogna essere felici – disse.
- Sì.
- Ma solo chi riesce ad uscire è felice.
- Sì…
- Sei scema? Non c’è soluzione, è un labirinto.
- Quindi tu cerchi la felicità solo per andar via di qui? – chiesi, ignorando il suo “scema”.
- Io voglio uscir di qui per essere felice.
- Capisco. Quindi non c’è verso…
- Mi prendi in giro?
- No! Solo non capisco perché vuoi essere felice!
- Per andar via di qui, te l’ho detto no?
- Ma come ci sei finito qui?
Per una volta non mi guardò con sufficienza e rimase a fissarmi in silenzio.
- Ti svelo un segreto: nessun abitante del labirinto è nato in questo posto. Ci sono tutti finiti il giorno in cui hanno acquisito la consapevolezza. Ma dopo si scordano. Si scordano di quando erano felici. Quando ti ricorderai come sei arrivato in questo posto saprai anche come uscirne.
Silenzio.
- Chi sei? – mi chiese nuovamente.
- Non ti scorderai facilmente di me – dissi con noncuranza alzando le spalle – arrivederci! – e uscii dal suo sogno.

Questo fu il mio intervento. Non ero certa che sarebbe riuscito a capire cosa volessi dirgli ma avevo fatto del mio meglio e, ripensandoci, visto quanto era stato indisponente con me, non so se se lo fosse meritato…


Anni dopo il viaggiatore scrisse questa lettera:

"Quand’ero piccolo persi una perlina di lacrima, era trasparente e luccicava, sembrava rugiada. La cercai dappertutto, nelle amicizie, nelle albe e nei tramonti, ma non la ritrovai mai più.
Poi un giorno mi ritrovai in quel labirinto, e mi scordai di quella goccia. Il mio unico scopo era cercare di uscire da quel posto. Dovevo a tutti i costi essere felice per andar via ed essere così felice. Proprio così, era la legge del labirinto. Essere felici per… essere felici! Che senso aveva? Non lo so.
Una sera venne una persona a trovarmi, fu come un astro caduto dal cielo e guardandola negli occhi fu come vedermi nello specchio. Lo specchio nello specchio.
Era solare e l’opposto di me. Mi chiese perché volevo essere felice. Risposi che volevo esserlo per uscire dal labirinto, ma quando mi chiese come c’ero finito non seppi trovare una risposta.
Se ne andò com’era venuta.
Il segreto era ricordare.
Gli abitanti del labirinto erano tutti troppo presi dal loro fallimento e dalla rassegnazione. Non avevano più un futuro o pensavano di non averlo. All’improvviso mi resi conto, con spavento, che in quel posto non c’erano bambini, e che tutti si erano scordati di esserlo stati. I bambini. Sono stato piccolo anch’io? Certamente, ma non ricordavo più.
Da piccolo ero stato felice e non avevo nulla, solo la sete di conoscere il mondo, la vita, con i tanti perché, dove, come, cosa. Quelle stesse domande che mi avevano portato in quel labirinto. Ero felice perché ero innocente, perché mi fidavo, perché sognavo l’impossibile e lo rendevo possibile, nel mio piccolo mondo.
Avrei voluto che quella ragazza finita nel mio sogno fosse rimasta un po’ di più, per farle altre domande, ma se ne andò subito. Ripensandoci… forse era un po’ troppo svitata perché andassimo d’accordo. Parlava veramente troppo! E poi aveva un nome impronunciabile.
Da adulti non si può tornare indietro e vivere come i bambini. Ma smisi di cercare la felicità perché non era quella la soluzione, e quella sera nel deserto, quando mi ripresi e guardai sopra di me, mi accorsi, dopo tanti anni, che c’era un cielo con la luna e le stelle. Mi guardai attorno con gli occhi di un bambino e scoprii che c’erano tante cose da esplorare in quel posto e che potevo fidarmi, che non dovevo oppormi alle pareti del labirinto e stranamente non sentii più l’isola mia nemica. Mi sentii sereno e pieno di progetti come quando mi ero incamminato per conoscere il mondo e, conoscendolo, ero finito in quel posto.
Il mio nuovo scopo fu di conoscere le storie delle persone in cui vi vivevano e dialogare con la natura e gli animali. Non più di andarmene. Annusai l’aria e ascoltai il mare. Fu un attimo. Mi sentii felice.

E mi ritrovai a casa mia. Fra i miei cari, i miei genitori che mi avevano messo al mondo. Non dovevo più fuggire da loro ma comprenderli. Ero fuori dall’isola. Ora avevo la capacità di camminare senza più perdermi nel labirinto. Senza perdermi troppo a lungo intendo. Quando succede mi guardo allo specchio e mi sembra di rivedere Aslaath che mi ricorda come uscirne.
Chissà dov’è adesso. Penso che dovrei ringraziarla." 
H. Van


Sono ancora io, Aslaath. Sono contenta che il viaggiatore si sia ripreso. Merito mio. Ma ancora di più sono soddisfatta di aver infranto le regole del labirinto: adoro disubbidire le leggi e trovare soluzioni alle cose apparentemente impossibili. Ci riesco sempre. Alla faccia del signor Ende.  


domenica 24 febbraio 2013

Il concilio degli Dei

- Dunque, signori miei, gli argomenti di oggi? – esordì Dave, quando tutti furono radunati attorno alla lunga tavola.
- Gli esseri umani, naturalmente. Ci danno sempre un sacco di problemi – rispose Billo sospirando, un sofisticato signore magro, vestito elegantemente di marrone, con l’occhialino e la bombetta.
- Dunque… sì, gli esseri umani, ma anche altri argomenti di minor conto – confermò Roberta consultando le carte. Era una bella ragazza dalla fronte spaziosa e l’espressione studiosa ed intelligente – ma direi di cominciare dagli umani, ne abbiamo per molto.
- Allora ditemi! – esclamò con la sua voce imponente Dave – Che succede laggiù nel mondo dei mortali? Che potranno mai combinare?
- Non sono mai felici e ci stressano continuamente con le loro richieste – disse irritato e spazientito Billo - ma questo poco ci importa – concluse alzando le spalle.
- Suvvia, Billo, come sei acido! – disse civettuola Lady Alice tutta bianca, incipriata e sommersa in una nuvola di trine, pizzi, merletti, nastri e riccioli ed intenta a rifarsi il trucco guardandosi allo specchio – quelli belli sono piacevoli – aggiunse maliziosa.

Lady Alice aveva un debole per i mortali maschi e di bell’aspetto.

- Fanno sempre la guerra – scosse la testa, disapprovando, l’anziano Mago lisciandosi la barba candida.
- E si cacciano nei, guai, si ammazzano fra di loro da soli – aggiunse Billo.
- Per esempio – intervenne Roberta – l’altra notte uno è entrato in casa di un altro per derubarlo, e l’ha ucciso! Ma non era ancora il suo momento di morire. Ci ha rotto le uova nel paniere! E ora dobbiamo decidere che fare.
- Nomi? – chiese Dave.
- John, la vittima – disse Roberta consultando la scheda sul faldone – il ladruncolo si chiama Giacomo.
- Procediamo – disse Dave – telecomando?

Un elegante domestico si avvicinò al tavolo, porgendogli su di un cuscino in seta rossa l’oggetto. Dave lo prese e accese il grande schermo. Tutti gli Dei si girarono per vedere le immagini: un ladro con una passamontagna in testa si stava intrufolando in piena notte dentro una casa per derubarla. Ad un certo punto, in salotto, gli si parò davanti il padrone. Preso alla sprovvista il ladro gli sparò. John cadde a terra e morì sul colpo, con la pistola nella mano.

- Non è una novità – disse Billo annoiato – lo fanno sempre, i mortali, di rubarsi a vicenda. Che c’è, perché dobbiamo perdere tempo con questo caso?
- Perché, come dicevo poco fa, non era ancora il suo momento. Avevamo programmato che dovesse mettersi in politica, e adesso che è morto ci tocca modificare il Destino a qualcun altro – spiegò Roberta – ma abbiamo consultato altre vite e non ci sembra che vi siano altri uomini adatti ad occupare il ruolo che toccava a lui. Se non si mette lui in politica ma qualcun altro, cambieranno gli affari di stato e il corso della storia umana.
- La politica… - disse Dave, pensieroso.
- Abbiamo lavorato sulla vita di questo John fin dalla sua nascita, perché potesse accedervi verso i quarant’anni. A saperlo prima ci saremmo dedicati a qualcun altro – riprese Roberta.
- Certo, certo… - la tranquillizzò Dave.
- Bisogna riavvolgere la storia e lasciare che viva - propose Lady Alice guardando con simpatia John, il giovanotto steso per terra: evidentemente l’aspetto fisico prestante le andava a genio.
- Non lo facciamo mai con leggerezza! – esclamò il Mago – lo sapete che bisogna andarci cauti con il riavvolgimento. Gli esseri umani tendono a conservare dei vaghi ricordi e a porsi domande.
- Ma non è un personaggio che possiamo perdere adesso, fra qualche anno, magari sì, dopo che avrà fatto il suo dovere – disse Roberta.
- Abbiamo mai fatto riavvolgimenti nella sua vita? - chiese Dave.

Roberta esaminò minuziosamente la cartella del mortale John e rispose:
- Una volta, fin’ora: era un ragazzino e seguì i suoi amici, una compagnia di balordi, per derubare un negozio e tutti furono scoperti e arrestati. Questo avrebbe compromesso il suo futuro, così abbiamo riavvolto un pezzo della sua vita, e fatto in maniera che quel giorno non ci andasse e abbandonasse la compagnia.
- Ecco perché di questo furto in casa sua! Gli esseri umani sono in gamba a far girare la ruota: fan tutto da soli! – esclamò il Mago.
- Sospettò mai qualcosa? – chiese Dave
- Ebbe la sensazione di aver vissuto la scena dell’arresto, ma gli servì per evitarlo e abbandonare la compagnia.
- Si fece domande?
- No, lo prese come un “déjà vu”, come dicono loro. Non è di quelli che indagano e tentano di scoprirci – rassicurò Roberta.
- Specie odiosa! – osservò Billo.
- Mi spiace interrompervi, signori… - si fece avanti ad un certo punto l’elegante domestico in frac – ma devo avvisarvi che, mi dicono, un mortale sta correndo il rischio di venire quassù.
- Cosa? Cosa? E chi è? – gridarono gli Dei.
Solo Roberta mantenne la calma e, pazientemente, prese in esame un altro faldone e informò:
- Dev’essere quella ragazza che si perde nei sogni, lo fa sempre.
- Chi?
- Si chiama Aslaath. Tende a camminare nel sonno, e non nel modo che intendono loro. Vaga proprio da una dimensione all’altra.
- Mi dicono che ha preso L’ascensore e che stia venendo qui – disse, freddo e altero il domestico, come se la cosa non lo riguardasse.
- Ma chi gliel’ha detto? Come le è venuta in mente una simile idea? Come se non avessimo già problemi a sufficienza con loro! – esclamò stizzito Billo.
- La sua insegnante di disegno, in sogno naturalmente – rispose il maggiordomo - sta venendo qui al ventunesimo piano.
- Gli esseri umani! Sono tutti un po’ imbecilli – sentenziò Billo – ma questa lo è più di tutti! – concluse.
- Sono pericolosi – disse preoccupato il Mago.
- Sono simpatici – disse Lady Alice, divertita all’idea di un incursione di uno di loro durante la riunione.
- Mi domando come abbia certe capacità – disse il Mago.
- I suoi genitori si sono persi da un continente all’altro della Terra, il loro mondo – spiegò Roberta leggendo la pagina di Aslaath – è normale che si perda nei sogni.
- Da scemi, nasce scema! – concluse secco Billo.
- Dobbiamo svegliarla prima che arrivi qui – diede ordine Dave – ma prima bisogna cancellarle il ricordo del piano ventuno, o potrebbe raggiungerci in un altro viaggio nel sonno. Dov'è adesso?
- Al diciassettesimo piano, ha preso l’ascensore – informò il domestico.
- Ci penso io a confonderla un po’ – disse il Mago – basta metterle in testa delle cifre diverse… per fortuna, quando dormono non hanno una grande presa di coscienza di quello che fanno. E al risveglio si dimenticano parecchie cose.
- Io, intanto, farò andare su e giù l’ascensore a mio piacimento, almeno ci divertiamo un po’ – disse Billo.

Il Mago lanciò due dadi nell’aria, questi caddero e, consultando i lati rivolti in alto, ordinò:
- Numero trentuno! Tre e uno. Ora penserà di dover arrivare al piano trentuno.

Rilanciò i dadi nell’aria seguendo la stessa procedura e annunciò:
- Tre e tre! Piano trentatre! La ragazza è sempre più confusa! Come procede il tuo lavoro, Billo?
- L’ascensore va su e giù ma non raggiungerà mai il nostro piano – ridacchiò.
- Salvati, bambina! – sussurrò Lady Alice, compassionevole.
- Ora basta giocare! Svegliamola e riprendiamo il caso che stavamo esaminando – ordinò spazientito Dave.
- Che facciamo se ci riprova? Non è la prima volta. In un altro viaggio ha pensato male di raggiungere l’orizzonte e stava per arrivarci. L’ho svegliata in tempo appena me ne sono accorta – disse Roberta.
- La mandiamo da un bravo psichiatra, uno di loro, e la convinciamo di essere pazza – propose Billo.
- Buona idea lo psichiatra! – approvò il Mago.
- Dov’è la ragazza ora? – chiese Dave al domestico.
- Mi dicono, signore, che sia tornata sulla terra e che sia da uno strizzacervelli per un consulto.
- Perfetto! Caso concluso, ma bisogna tenerla d’occhio. Riprendiamo dal caso John: che stavamo dicendo, Roberta?
- Stavamo decidendo se concedergli un riavvolgimento.
- Ebbene, allora concediamogli il riavvolgimento! – concluse Dave.

Prese il telecomando e riavvolse la scena, fino al punto in cui il ladro, furtivamente, entrava nel salotto di casa. Ma qualcosa andò di nuovo storto: John ricomparve sulla porta del salotto con in mano una mazza da baseball. Il ladro gli sparò ed egli cadde nuovamente sul pavimento in una pozza di sangue.

- Non va bene! Che succede? Perché il ladro è entrato di nuovo in casa? – esclamò Dave.
- C’è qualcosa che non va – mormorò il Mago – John andrà sempre in sala a controllare i rumori. E’ nei suoi geni, nel suo modo di essere.
- Dobbiamo impedire a il ladro di entrare in casa – disse Lady Alice.
- Non possiamo! – rispose Roberta, cambiando pagina e osservando un’altra scheda – c’è un errore di fondo nel data-base. Il ladro, Giacomo, deve entrare in casa e concludere la rapina quella sera, è programmato così. Ma John non deve morire per causa sua.
- E’ su John che dobbiamo intervenire allora, non sulla vita del ladro – concluse il Mago.
- Facciamo in modo che non si trovi in casa quella sera? – chiese Billo.
- O gli modifichiamo la mente… - propose il Mago.
- Deve starsene nel suo letto, e non farsi venire strane idee di andare a controllare – disse Roberta.
- Lady Alice, mi pare sia una vostra specialità manipolare le menti – disse Dave rivolgendosi alla bionda Dea – ve ne occupate voi?
- Ma certo! – sorrise graziosamente – ci penso io, è un così bel giovanotto, un vero peccato lasciarlo lì sul pavimento!

Dave riavvolse le immagini per la seconda volta e Lady Alice, guardando lo schermo, raccontò:

- “John si svegliò nel cuore della notte, madido di sudore” – la scena sullo schermo cambiò e l’inquadratura passò dal ladro in salotto, alla camera da letto di John – “sentì dei rumori soffocati provenire dal salotto. Si accorse che da sotto la porta filtrava una sottile striscia di fioca luce. Sul comodino al suo fianco vide il telefonino e lo prese in mano pensando di chiamare soccorso. Poi cambiò idea” – il volto di John cambiò espressione e si fece pensieroso, come se avesse avuto un presentimento o sentito delle voci – “Forse il destino non si poteva cambiare e lui era destinato a morire comunque quella notte” – proseguì poeticamente Lady Alice, a cui piacevano i romanzi e non disdegnava di ricamare un po’ le parole ogni volta che doveva riscriverne una – “Posò il telefonino e si rimboccò le coperte…”

- Perfetto! – esclamò Roberta, quando sullo schermo si vide John lasciare il telefono al suo posto e riprendere a dormire.
- “… forse non valeva la pena di combattere contro il destino” – proseguì infastidita Lady Alice, che non aveva ancora concluso – “forse il destino si poteva cambiare semplicemente assecondandolo. John chiuse gli occhi e si addormentò.”

Lady Alice pareva molto soddisfatta del suo racconto.

- Siete una vera scrittrice, Milady, una poetessa, un’artista! – disse il Mago impressionato dal racconto.
- Vi ringrazio, caro mio amico! – acconsentì la bella aristocratica.
Dave interruppe: - Va bene, va bene. Poche chiacchiere. Abbiamo tanto da lavorare. Questo caso è concluso vero? John sopravvive. Passiamo ad altro: Roberta?
- Qualche problema di cuore, Dave. Un pianista e una cameriera che si amano ma non se lo dicono.
- Belloccio il pianista! – disse compiaciuta Lady Alice, sempre sensibile alle cose belle, osservando lo schermo, dove un ragazzo con i capelli lunghi e dall’aspetto tenebroso stava suonando in un pianobar, pieno di gente e di fumo…
- Direi che si arrangino – disse Billo.
- Direi che i problemi di cuore non ci riguardano – approvò Dave – altro?
- Uhm… beh, il fatto è che l’amore è una delle cose che più preoccupano i mortali – disse Roberta sfogliando le pagine del registro – quasi tutte le richieste e i problemi sono sull’amore: l’amore e i soldi, la salute e la felicità.
- Si complicano la vita da soli ma noi non possiamo intervenire su tutto – osservò il Mago.
- Ah sì! Ce n’é uno: un abitante del pianeta rosso si è smarrito fra di loro e non è più riuscito a tornare – e Roberta si soffermò su una pagina, con scritto in cima “Caso Juan”.
- E’ carino? – domandò subito Lady Alice.
- Ma come ha fatto? – domandò Billo.
- Beh, gli alieni riescono facilmente ad andare e a venire sulla Terra, sono gli umani che non sanno ancora farlo! – spiegò il Mago.
- E hanno pure la stupidità di pensare che, siccome non sanno farlo e non hanno ancora visto altri abitanti della galassia, ne sono gli unici esseri viventi – disse Billo.
- Ha le sembianze degli umani – rispose Roberta a Lady Alice – si è camuffato, per proteggersi dai pericoli. Si è perso durante il sonno – aggiunse rivolgendosi a Billo.
- Pure lui??? – disse Dave – è una mania! Dobbiamo controllare meglio. Prima la ragazzina che quasi stava per venire addirittura fin qui, adesso questo alieno in mezzo ai mortali… Controllo! Controllo!
- Avete ragione Dave, caro! – disse Lady Alice – ma io sono dell’idea di lasciare loro più libertà…
- Libero arbitrio, e poi guarda quante ne combinano! – disapprovò il Mago che nel frattempo si era impossessato del telecomando e, cambiando una canale dopo l’altro, osservava scene di lutti, omicidi, rapine, guerre.
- Penso che ci sia del buono, tutto sommato, in loro. A volte sono persino solidali fra di loro – disse Roberta, pensierosa.
- Ma allora che ne facciamo di Juan? – chiese Billo.
- Roberta, voi che proponete? – disse Dave.
- Mi piacerebbe molto studiare come se la cava un alieno in mezzo ai mortali! – intervenne il Mago.
- Povero… quanto si sente solo – sospirò Lady Alice.
- E voi che ne sapete? Voi siete troppo romantica, Milady – la canzonò Billo.
- Lo leggo nei suoi occhi, Sir Billo.
- Basta con queste interruzioni! – disse Dave – Roberta?
- Io proverei a lasciarlo e vedere se ce la fa a tornare da solo – rispose quest’ultima – non sembra se la cavi poi così male… Almeno per un po’.
- Che fa?
- Scrive libri, Dave. Parla dei suoi ricordi e piacciono così tanto ai mortali che è diventato famoso. Loro credono che siano storie fantastiche.

Lady Alice sospirò:
- La solitudine e la nostalgia, la solitudine in mezzo a tanti diversi… è questo che lo spinge a scrivere, per parlare di sé. Perché si sente Solo in mezzo a tanti. Per parlare del suo mondo solitario ed incompreso…
- Approvo la vostra proposta, Roberta – disse Dave – ma teniamolo d’occhio.
- Va bene Dave, segno la ragazza di prima… come si chiama? Ah sì! Aslaath e questo: Juan. “Da tenere d’occhio… “ - e scrisse qualcosa su un foglio.
- Qualcos’altro? – chiese Dave.
- Uhm… basta, credo basta – rispose Roberta studiando la lista.
- Oh! Finalmente, mi annoiano sempre questi mortali! – esclamò sollevato Billo – facciamo una partita a scacchi?
- Così, li lasciamo senza un lieto fine? – disse imbronciata Lady Alice, osservando allo schermo il pianista e la graziosa cameriera – vorrei tanto scrivere il seguito della loro storia, e anche riscrivere il romanzo della bella dama infelice perché lui non l’ama più! E far tornare a casa sua il povero Juan!
- Se la caveranno da soli, vedrete – la rassicurò il Mago – lo sapete che non possiamo intervenire su tutto. L’ho già detto.

Roberta chiuse il faldone dicendo: - Gli altri casi non sono urgenti, possiamo occuparcene la settimana prossima.

- Bene, molto bene! – approvò Dave e, spegnendo lo schermo col telecomando disse:
- Signori miei, amici miei, per stasera abbiamo finito. Dichiaro conclusa la seduta!